La proiezione dell’opera incompiuta entro un orizzonte ermeneutico che richiede la collaborazione attiva del fruitore dell’opera, apre paradossalmente la via alla dimensione della totalità: una tota-lità visionaria che si riflette nel frammento incompiuto come se lì venisse alla luce una catastrofe che è una sfida alle tradizioni cristallizzate e, al tempo stesso, un ripudio di ogni conciliazione di carattere regressivo. Così può darsi un allargamento del lessico artistico che, messo a confronto con l’Enorme ed il Possibile, ovvero l’incommensurabile, lo sproporzionato e non dicibile in base agli standard che richiedono la sintesi, l’equilibrio e la compiutezza, si protende con la sua oltranza verso la meta dell’arte che rivela allora, proprio nel momento in cui manca la perfezione, la sua radice utopica, irraggiungibile e insieme astante.
Altraparola – Sul non finito
